Occhi grandi; dalle ciglia sottili, quasi trasparenti. Osservano lo spettatore, incastrati nella tela, spalancati come per una sorta di incerto stupore, uno stato di perplessità interrogativa che spinge a domandarsi: chi c’è dietro quelle pupille, chi sono questi bambini muti che pure sembrano dire «non c’è niente di vero, tranne gli occhi»?
Sono le fragili creature di Margaret D. H. Keane, nata Peggy Doris Hawkins, la famosa artista americana nota per i suoi dipinti, eseguiti a olio o a tecnica mista, di donne, bambini e animali con enormi occhi languidi, così intensi da dare la sensazione di poter sbattere le palpebre.
Acclamata dalla critica ma anche bersagliata come stereotipata e cliché, D.H. Keane diventa tuttavia celebre al di fuori del mondo dell’arte, grazie alla sua storia, riportata in auge dal film biografico “Big Eyes” (2014), scritto e diretto dal regista Tim Burton che vede come due protagonisti Amy Adams e Christopher Waltz.
«Guardare il film per me è stato davvero traumatico», dice Margaret, intervistata dal giornalista Jon Ronson per il The Guardian, «Credo di essere stata in stato di shock per un paio di giorni. Christoph Waltz – era uguale a Walter, parlava come lui, si muoveva e agiva come lui. E vedere Amy attraversare quello che ho attraversato… È un film davvero accurato. Solo in seguito ho iniziato realmente a realizzare quanto sia fantastico».
Ma cosa rende davvero la storia di Margaret così potente? Così diversa da quella di altri centinaia di artisti che hanno fatto della loro arte il loro tormento e la loro più grande catarsi? Forse l’inganno, le bugie, che per anni e anni hanno attribuito i famosi quadri della pittrice non a lei ma a suo marito, Walter Keane.
È così che, nel vasto panorama delle arti visive, emergono talvolta figure che non solo dipingono con i colori della loro maestria, ma raccontano una storia avvincente che si intreccia con la tela stessa. Margaret D. H. Keane è una di queste, una pittrice le cui opere non sono solo una festa per gli occhi, ma una rivelazione dell’animo umano.
Nata nella cornice suggestiva di Nashville, Tennessee, nel lontano 1927, Margaret ha portato con sé fin dall’infanzia un dono straordinario: il talento artistico. Tuttavia, come molte donne del suo tempo, il cammino verso la celebrità e il riconoscimento è stato impervio. Gli anni Cinquanta e Sessanta erano un’epoca in cui il mondo dell’arte era dominato da una predominanza maschile, e le donne che osavano destreggiarsi tra i pennelli incontravano spesso mura invalicabili. Eppure, Margaret Keane, con la sua forza interiore e la sua determinazione, si è fatta largo tra gli ostacoli, con uno sguardo che avrebbe conquistato il mondo.
È proprio negli occhi che il genio di Margaret trova la sua massima espressione. Profondi, penetranti e talvolta velati di malinconia, gli occhi dei suoi soggetti si fondono con la tela e catturano l’attenzione dello spettatore, toccando le corde profonde dell’anima umana. L’artista stessa ha confessato che per lei gli occhi sono sempre stati il veicolo più eloquente per comunicare l’essenza di una persona. Con maestria e sensibilità, ha dipinto non solo ritratti, ma veri e propri frammenti di anima.
Il culmine della sua carriera artistica arriva negli anni Sessanta, un periodo di rinascita e sperimentazione. I suoi dipinti di bambini con occhi grandi conquistano l’immaginario collettivo e le sale d’aste. Tuttavia, dietro il sipario di questo successo, si nasconde una storia di ingiustizia e coraggio.
Il suo ex marito, Walter Keane, si attribuisce la paternità delle opere, relegando Margaret nell’ombra. È un periodo buio, in cui l’artista deve affrontare una lotta, sia psicologica che legale, non solo per ottenere il riconoscimento che merita, ma per ritrovare la fede nelle sue opere e nel suo talento. Eppure, nonostante il dolore e le umiliazioni, è proprio grazie a questa battaglia che la sua resilienza e la sua autenticità emergono, incalzando il suo genio e infondendogli forza.
L’eredità artistica di Margaret Keane, difatti, è immensa e indelebile, anche oggi; i suoi dipinti sono diventati icone pop, influenzando generazioni di artisti successivi e aprendo nuove strade nell’espressione artistica. Ma più importante ancora è il suo impatto umano; dopo anni di soprusi e di sopraffazione psicologica, Margaret ha dimostrato al mondo che è possibile superare le avversità e trovare la propria voce, anche quando tutto sembra contro di te, anche quando è la società stessa che ti vorrebbe diverso, remissivo, abbattuto dalla paura.
La sua storia è un monito, un invito al coraggio e alla determinazione, una testimonianza del potere trasformativo dell’arte e della volontà umana di emergere, in un tripudio di colori, dal bianco e nero della morte.
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