Il territorio italiano ha una delle biodiversità più alte in Europa, con 60.000 specie animali e più di 8.000 vegetali, comprendendo il 20% di specie che si trovano esclusivamente nel nostro paese. Nonostante la buona presenza di flora e fauna in Italia, gli ecosistemi presentano uno sfavorevole stato di conservazione. La causa principale di tale fenomeno è probabilmente la continua trasformazione degli habitat. Altre cause, non ancora ben definite, concorrono a determinare tale situazione. Portandoci a discutere sull’ importanza dell’ambiente per la salute umana e con il tempo potrebbe portare conseguenze alla nostra economia.
L’elaborazione di una Strategia Nazionale della Biodiversità permette all’Italia di poter creare piani e programmi nazionali volti a garantire la conservazione e utilizzo durevole della diversità biologica. Dovrà integrare, per quanto possibile, l’uso sostenibile della biodiversità nei pertinenti piani, programmi e politiche economiche di settore.
Hanno obiettivi a medio (pluriennali) e a lungo termine (decennali), prevedendo la redazione di rapporti biennali attraverso i quali valutare e monitorare le attività intraprese. Allo stesso tempo permettono programmare quelle per gli anni successivi.
Il decennio 2011-2020 ha visto concludersi la prima evidenziando che solo il 12% degli ecosistemi italiano si trova in buono stato di conservazione, mentre quasi tre quarti risultano degradati o fortemente frammentati. Gli ecosistemi più compromessi sono quelli umidi (fiumi, laghi, paludi) e costieri.
Le principali minacce che sono state identificate includono la frammentazione e la perdita degli habitat, l’inquinamento diffuso, le specie aliene invasive, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e gli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico.
È necessario un approccio integrato, basato su pianificazione territoriale, mitigazione del consumo di suolo e rafforzamento delle reti ecologiche.
In particolare, l’adozione di strumenti come la contabilità del Capitale Naturale e la valutazione dei servizi ecosistemici, ovvero i benefici che prendiamo direttamente o indirettamente dagli ecosistemi naturali, devono essere integrati nelle decisioni politiche e finanziarie.
Ha posto le basi per la seconda Strategia Nazionale della Biodiversità 2030 con proiezione futura al 2050 con la seguente visione: “la biodiversità e i servizi ecosistemici, nostro capitale naturale, sono conservati, valutati e, per quanto possibile, ripristinati, per il loro valore intrinseco e perché possano continuare a sostenere in modo durevole la prosperità economica e il benessere umano nonostante i profondi cambiamenti in atto a livello globale e locale”.
Per cercare di raggiungere i target strategici nazionali ed europei, l’Italia ha deciso di definire in questa strategia 2030 azioni più incisive, integrate, valutabili ed efficaci.
Promuovendo la consapevolezza, nel cittadino, che compromettere la natura significa causare gravi conseguenze alla salute, al benessere e all’economia della nostra società.
Il testo mostra anche come la protezione della biodiversità potrebbe portare importanti ritorni economici. Come proteggendo le zone umide costiere e riducendo i danni provocati dalle alluvioni, si potrebbe generare un risparmio di circa 50 miliardi di euro all’anno per il settore assicurativo.
Il rapporto tra biodiversità ed economia è stato trattato anche dal rapporto di “Nature Positive Network”, la rete che riunisce le imprese italiane interessate a realizzare iniziative concrete di tutela e valorizzazione del capitale naturale. Si pone l’obiettivo di arrestare e invertire la perdita di natura entro il 2030 e conseguire un pieno recupero entro il 2050.
Questo deve essere in sinergia con le imprese che presentano un ruolo centrale nel recupero ambientale.
Come prima cosa devono integrare il capitale naturale nei propri bilanci e piani strategici, riconoscendo che la stabilità economica dipende dalla salute degli ecosistemi.
Successivamente sono chiamate a collaborare con istituzioni, enti scientifici e comunità locali, creando partenariati per la gestione sostenibile del territorio e l’uso responsabile delle risorse.
Dobbiamo dunque ricordarci che rigenerare gli ecosistemi non aiuta solo la natura, ma significa rigenerare comunità, territori, economie.
Ponendo le basi per un patto stabile tra uomo e ambiente dove la crescita non avviene a discapito della natura, ma grazie ad essa.
Solo unendo conoscenze scientifiche, politiche pubbliche e cooperazione tra stato e privati, l’Italia potrà davvero diventare un Paese capace di restituire alla natura più di quanto prende, e di costruire su questa alleanza il proprio futuro.
